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    Pascali Pino
      -    -  Pascali Pino

    Pascali Pino

    Pino Pascali ha attraversato la storia dell’arte italiana come una folgorante meteora.

    Nato a Bari nel 1935 e morto a soli trentatré anni in un incidente motociclistico, è ritenuto con Boetti e Manzoni uno degli artisti d’avanguardia più innovativi del dopoguerra italiano.

    Malgrado la fulminea carriera, già in vita ottenne un consenso pressoché unanime per la dirompente originalità del suo talento.

    Nel 1968, pochi mesi prima della morte, la “Biennale di Venezia” gli dedica una sala personale e i riconoscimenti postumi non si fanno attendere: si susseguono premi internazionali e mostre nei più prestigiosi musei d’arte contemporanea.

    Senza argini la sua immaginazione, pronta alle manipolazioni e alle trasformazioni con assemblaggi di oggetti d’uso quotidiano, di cose che gli capitavano sotto mano.

    Dopo aver frequentato il liceo artistico di Napoli che per lui era stato un mero tirocinio accademico, fu con l’arrivo a Roma nel ’55-56 che Pascali, entrato all’Accademia nella scuola di scenografia tenuta da Toti Scialoja, cominciò a prendere coscienza di se stesso e della direzione in cui poteva avviare tutte le sue possibilità tecniche.

    Iniziò, come Warhol e altri artisti entrati nella storia dell’arte, nella scenografia pubblicitaria e cinema d’animazione, prima con la Incom, poi con la Saraceni – Lodolo Cinematografica, sodalizio che durò fino al 1967, ed infine per quattro anni al Centro di produzione RAITV, come aiuto scenografo di “Studio Uno”. Rimangono a testimoniarlo i moltissimi disegni, schizzi, bozzetti per Carosello e sigle televisive.

    Pino Pascali non abbandonò mai il mondo dei “caroselli”, quello riguardante la pubblicità, dove si esprimeva nella maniera più istintiva, veloce, autentica, dove travasò tutti gli umori giocosi e allegri della sua immaginazione: invenzioni deliziose e anche autentici capolavori, ricchi di spunti che poi, in forme diverse, emergono nella sua attività di artista espositore.

    Tanto che oggi le loro quotazioni critiche sono in continuo rialzo. Come ha scritto Claudia Lodolo, “I lavori per la pubblicità realizzati da Pino Pascali tra 1958 e il 1968 – purtroppo ancora poco noti al grande pubblico – hanno pian piano guadagnato un posto di alto interesse e larga considerazione nel mondo artistico, tanto da definirli, al pari delle altre sue opere pittoriche o scultoree, creazioni di indiscutibile gusto e capacità creativa”.

    Nel 1964 alla Biennale di Venezia sbarca la Pop Art americana, Pascali ne assorbe il clima, come del resto altri artisti (Franco Angeli, Schifano, Festa) e con la sua genialità rielabora temi e soggetti in modo personalissimo e in versione italiana.

    Tra il 1964 e il 1965, Pascali realizza opere che hanno come soggetto il corpo femminile, tra cui:

    • “Omaggio a Billy Holiday” (GAM Torino);
    • “La Gravida/ Maternità” 1964 (MACRO Roma);
    • ”Labbra rosse” 1964 (Museo di Belle Arti Nantes);
    • “Primo piano labbra” 1965 (GNAM Roma);
    • “Torso di negra” 1964/65 (GNAM ROMA).

    Le Opere menzionate posseggono una chiara influenza della pop art americana, arricchite però da quella sensualità di chiara matrice mediterranea.

    Pascali non volle passare direttamente nel campo artistico ma aspettare l’occasione favorevole; Per quanto infatti, nel suo studio, fossero già stati Ileana Sonnabend e Pierre Restany, condotti da Plinio De Martiis, solo nel 1965 fece la sua prima mostra alla galleria “La Tartaruga” con grandi pezzi plastici.

    Un anno dopo Pascali aveva trovato ne “l’Attico“ di Fabio Sargentini, la galleria che doveva decretarne la definitiva affermazione.

    Le grandi mostre realizzate all’Attico interessarono subito anche Alexandre Jolas: proprio alla vigilia della mostre era stata fissata da Jolas una sua grande mostra a New York (dopo quelle di Milano e di Parigi).

    Nel 1966 e 1967 crea un ciclo di opere dedicata agli animali, senza più cercare però una verosimiglianza con il reale com’era accaduto per le armi; vengono utilizzati materiali come legno o tela ma anche materiali industriali, come gli scovoli di acrilico per creare i “Bachi da setola”, oppure peluche sintetico per “la vedova blu”.

    L’artista nel suo immaginario ricrea un’ Arca di Noè ingigantita dall’occhio di un bambino, quindi troveremo animali giganti ma leggeri come nuvole.

    Nel 1967 e 1968 Pascali tende sempre più ad invadere lo spazio, ad occuparlo con opere che assumono le dimensioni di vere e proprie installazioni.

    I materiali usati sono elementi primari come l’acqua, la terra: qui si accentua la sua cultura mediterranea, la Natura è vista come la Madre Profonda e Benigna dispensatrice di vita e di erotismo.

    Da qui i celebri:

    • “Campi arati”
    • “Canali d’irrigazione”
    • “1 mc di terra”
    • “32 mq di mare”
    • “Pozzanghere”

    Da giugno a ottobre del 1968 fu invitato per una mostra personale alla XXXlV Biennale di Venezia presentata da Palma Bucarelli, direttrice della Galleria Nazionale d’Arte Moderna.

    Da bricoleur aveva creato con i più diversi utensili quelle armi che espose a Torino presso la galleria Sperone nel gennaio 1966 e che non furono senza influenze sulla nascita dell’arte povera: ricostruisce cannoni, bombe, mitragliatrici, quasi in scala reale ma falsamente minacciosi perché inutilizzabili, è il suo modo di ironizzare con la guerra, di giocare ai soldatini.

    Grandi sculture a forma di giocattoloni che trasportano nel mondo dell’arte l’infanzia il gioco, l’ironia, lo sberleffo svincolando quindi la forma dal contenuto, non più quindi oggetti inquietanti che la coscienza civile rifiuta o delega ai “signori della guerra”.

    L’artista stesso sottolinea il gioco e l’ambiguità dell’operazione facendosi ritrarre travestito da soldatino con piglio imbronciato e serioso ma con evidente e sottile ironia, a voler sottolineare che è tutto finto, che tutto è gioco, anche nell’arte.
    Pino Pascali, muore prematuramente a Roma nel 1968, per un incidente in motocicletta, sua grande passione, proprio all’apice della sua carriera, mentre alcune opere erano in mostra alla XXXIV Biennale di Venezia.

    Dopo la sua morte, a mostra ancora aperta, gli fu conferito il Premio Internazionale di scultura.

    Scultore, scenografo, performer, creativo in modo geniale, Pascali è riuscito a dare una risposta critica ed originale a tutte quelle tendenze che arrivavano dall’America come la Pop Art e la Minimal Art ed ha abbracciato la Body Art, l’Arte Povera e l’arte concettuale degli anni 70 con la naturalezza e semplicità propria di un talento eccezionale.

    Le opere dell’artista sono conservate nei maggiori musei del mondo:

    • MoMA (New York)
    • Tate Modern (Londra)
    • Centre George Pompidou (Parigi)
    • MUMOK (Vienna)
    • Museum of Modern Art di Osaka, GNAM(Roma)

    Nella Biennale di Venezia 2015 un’ala del Padiglione Internazionale è stata dedicata a Pino Pascali.