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    Del Pezzo Lucio

    Lucio Del Pezzo
    Lucio Del Pezzo

    Lucio Del Pezzo si forma all’Accademia di belle arti e all’Istituto d’arti applicate di Napoli.

    Nel 1958 partecipa con Guido Biasi, Bruno Di Bello, Sergio Fergola, Luca (Luigi Castellano) e Mario Persico alla fondazione a Napoli del Gruppo 58, collegato con il “Movimento Nucleare” guidato da Enrico Baj a Milano e con i gruppi Phases a Parigi, Spur a Monaco e Boa a Buenos Aires.

    Nel 1959, Lucio Del Pezzo aderisce al “Manifeste de Naples” e partecipa attivamente alla creazione della rivista “Documento Sud”, rassegna di arte e di cultura di avanguardia.

    Soggiorna a Matera e lavora, oltre che come pittore, come professore di ceramica nell’Atelier della Martella, creato dai fratelli Cascella e dall’architetto Quaroni.
    Decora la cupola della Chiesa di S. Antonio a Stigliano presso Matera con una pittura di 80 mq, Storie di Antonio da Padova.
    Si trasferisce poi a Milano su invito di Enrico Baj e di Arturo Schwarz. Tiene una mostra personale nella Galleria Schwarz.

    Nel 1961 Lucio Del Pezzo ottiene a Pittsburgh il “Carnegie International Award” e presenta la sua prima mostra personale a New York.

    Nel 1963 tiene una conferenza sulla propria ricerca nel corso di Eugenio Battisti all’Università degli Studi di Genova. Progetta arredamenti d’interno in collaborazione con numerosi architetti.

    Nel 1964 realizza insieme ad altri artisti, tra cui Baj e Fontana, il “Labirinto del Tempo Libero” alla XIII Triennale di Milano, ottenendo uno dei premi internazionali.

    Partecipa per la prima volta alla XXXII Biennale di Venezia.

    Si trasferisce successivamente a Parigi, stabilendosi nel vecchio studio di Max Ernst, rimanendo però in continuo contatto coi movimenti d’avanguardia e alternando soggiorni milanesi.

    Nel 1966, Lucio Del Pezzo partecipa alla XXXIII Biennale di Venezia con una sala personale.

    Nel 1968, lo Stato francese acquisisce due sue opere e allestisce la “sala metafisica” al Museo di Grenoble (De Chirico, Max Ernst, Herbin, Carrà, Nevelson, Del Pezzo); gli vengono commessionate, inoltre, due grandi sculture all’aperto per un complesso di architetture scolastiche (un liceo scientifico e una scuola di architettura e decorazione a Dijon).

    Realizza opere legate all’immaginario popolare, con inserti di materiali vari assemblati secondo la lezione dadaista fino a raggiungere una personale accezione di Pop art in opere che sono insieme quadro, scultura e oggetto.

    In queste ultime, l’oggetto popolare o d’uso comune si accumula, comparendo caricato della propria funzione e della propria storia e, allo stesso tempo, assurge a presenza atemporale, senza però straniamento dal contesto.

    Dal 1963 al 1965, nel ciclo ‘Collezioni’, la costruzione prospettica dell’opera si invera nella tridimensionalità di composite strutture a mensola che recano oggetti realizzati in legno, scanditi negli spazi e dipinti a forti colori.

    Agli ultimi del decennio il ‘quadro contenitore’, detto ‘Visual box’, ospita ordinatamente la panoplia delle icone geometriche proprie della metafisica, realizzate ancora come solidi geometrici di legno applicati ai vari piani d’appoggio.

    L’opera vede livellata eversivamente la scala dei valori degli oggetti chiamati in causa. A tale nuova metafisica non sottende minimamente l’aura della nostalgia dechirichiana.

    Più avanti, gli oggetti saranno mobili e i loro rapporti modificabili dal fruitore (in ‘Sagittarius’, 1970) e il gioco con le forme astratte si dipanerà con ancor maggiore libertà d’invenzione, salvo restando una sottile tensione verso l’ordine nato in opposizione e all’inesorabile disarticolarsi dei sistemi.

    Tangente con l’opera pop di Joe Tilson, il lavoro di Del Pezzo crea tuttavia un più caldo rapporto con l’iconologia del quotidiano ma, malgrado ciò, si propone alla lettura in assiemi compiuti, di esatta coerenza linguistica.

    Nel 1970, Arturo Carlo Quintavalle cura una retrospettiva dell’artista presso l’Università di Parma.

    Del Pezzo Inizia la collaborazione con la Olivetti come progettista grafico. Successivamente si intensifica il lavoro per l’azienda a cui si aggiunge la collaborazione con il gruppo automobilistico Renault Italia; ambedue i rapporti dureranno fino al 1994.

    Nel 1971, l’artista collabora col ministero dell’educazione francese lavorando alla Facoltà di psicologia applicata della Sorbonne in qualità di assistente agli atelier d’arte. Realizza un bassorilievo in acciaio inossidabile dipinto per un edificio di Giò Ponti a Milano.

    Nel 1974, il Comune di Milano gli dedica una retrospettiva alla Rotonda della Besana curata da Guido Ballo.

    Nel 1976, il Centre Pompidou di Parigi gli affida uno stage di animazione sul teatro all’Atelier des Enfants.

    Nel 1978, Italo Calvino presenta una mostra personale di Lucio Del Pezzo, a Parigi.

    L’anno successivo Del Pezzo ritorna in Italia, stabilendosi a Milano.

    Nel 1983, Maurizio Fagiolo presenta una mostra personale di Lucio Del Pezzo a Reggio Emilia.

    Nel 1984, viene invitato da Guido Ballo a prendere il posto di Emilio Tadini come titolare della cattedra di Pittura sperimentale alla nuova Accademia di Belle Arti a Milano.

    Lavora al progetto di un film didattico sulla sua pratica artistica. Successivamente curerà la progettazione di svariate importanti scenografie.

    Nel 1991 in Giappone, l’architetto Alhadoff gli commissiona una scultura per la ditta Sunstar a Osaka.

    Nel 1998, Del Pezzo realizza su commissione dell’architetto Marco Zanuso una grande pittura per la sede milanese della casa di moda Gian Franco Ferré.

    Nel 2000, disegna quattro grandi rilievi ceramici ed una plastica in bronzo per due stazioni della nuova metropolitana di Napoli.

    L’Istituto Mathildenhöhe a Darmstadt presenta la prima grande retrospettiva della sua opera in Germania.

    Attualmente Del Pezzo Vive e lavora a Milano.